FONTE: Superabile.it
A Cicala, nella presila catanzarese, la cura è fatta di emozioni e di legami con il territorio. La struttura gestita dalla Ra. Gi. di Elena Sodano si basa su un approccio comunitario. Un esempio di rilievo nazionale promosso anche dalla Federazione Alzheimer Italia
La dimensione comunitaria del centro “Antonio Doria” ha fatto guadagnare a Cicala il titolo di “borgo amico delle demenze”. Una caratteristica in linea con i percorsi promossi dalla Federazione Alzheimer Italia che per il 14 settembre organizza a Milano l’incontro dal titolo: “Dalla famiglia alla comunità: l’innovazione al servizio della persona con demenza”. Un incontro cui parteciperà anche Elena Sodano, testimone proprio del modello socio-assistenziale lanciato in questa parte di Calabria rappresentata ora da un nuovo protagonismo sociale. “Stiamo facendo un lavoro immane per cambiare la cultura, quella medica anche delle famiglie, secondo cui demenza vuol dire morte, non vita, non poter fare più nulla”, dice Sodano. “Ci sono ancora degli zoccoli duri, ma faremo in modo di cambiare le cose anche a Catanzaro”, dichiara in occasione della presentazione alla stampa degli “Happy Dementia Days”: un evento in programma dal 24 al 26 settembre nel capoluogo calabrese e poi il 27 settembre a Cicala, tra incontri scientifici, arte, percorsi di condivisione con malati, famiglie e operatori secondo una logica di apertura al territorio.
Demenze Centro “Antonio Doria” Calabria
Quello di Cicala è un percorso vissuto giorno dopo giorno. Un cammino umano che gli operatori fanno insieme a Mariella, Elio, Paolino e con tutti gli altri ospiti, a oggi circa una decina, che arrivano anche dai paesi limitrofi come Decollatura, Carlopoli e Panettieri. Si tratta di condividere storie e mondi paralleli, come il piccolo mondo di Amelia, detta Amélie, custodito in una piccola casa nel cuore del borgo.
Ci si basa su piccole ma grandi cose: i giochi, le camminate per le viuzze del paese, la tappa al bar della piazza. Di più: Elena ci mostra gli spazi della struttura. C’è ad esempio la stanza degli oggetti di una volta, la stanza dove ascoltare la musica, quella per pregare. E poi le bambole di un tempo, ma anche i tessuti da sentire e su cui lavorare “perché qui i ricordi sono legati ai maglioni fatti in casa”. Insomma: percorsi sensoriali, contatto corporeo, recupero delle emozioni più ancestrali.
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