Catanzaro, 1 agosto 2019 – <<Un percorso difficile che puoi fare soltanto se hai un grande amore e una grande dedizione>>. Pasqualina Luzza parla del suo amore per Francesco, <<il mio ragazzo>> come lo chiama lei, descrivendo un sentimento nato quarantasei anni fa e che rimane in vita nonostante la malattia di suo marito, colpito da demenza vascolare e da un ictus che rende la situazione ancora più complicata.
Pasqualina descrive il suo Franco come <<un marito e un padre speciale>>. Una vita insieme da quando lei aveva vent’anni e lui ventidue, una storia d’amore che la fa sentire <<fortunatissima nonostante la sfortuna della malattia>>. La testimonianza di questa signora ex funzionaria della Regione Calabria parte quindi dai sentimenti, che per lei sono la chiave di tutto, la vera molla per andare avanti. Un legame fatto di empatia, di comprensione, di contatto: <<Sono io il sedativo di mio marito – racconta -. Se io sono tranquilla, lui è tranquillo. Di sera gli do la mia mano e un bacio e lui si addormenta tranquillo>>.
Francesco, sessantotto anni, un passato da funzionario presso l’azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, oggi frequenta il centro diurno della “Ra.Gi.” di Elena Sodano: <<All’inizio per me era come lasciare il mio bambino all’asilo>>, dice Pasqualina descrivendo la difficoltà di affidarsi al supporto di professionisti del “prendersi cura” oltre la dimensione familiare. <<Ma poi – aggiunge – ho capito che era giusto così, che lui doveva vivere i suoi momenti senza di me, che per lui era un bene e che lì è sereno>>.
Ogni mattina, anche quando Francesco trascorre la prima parte della giornata alla “Ra.Gi.”, Pasqualina continua a celebrare il rito del caffè al bar di sempre, rinnovando un’abitudine da sempre condivisa con il suo compagno: <<Le prime volte – scandisce – è stata dura, ma mi sono fatta forza, dovevo andare ancora a prendere il caffè anche senza mio marito, dovevo farlo per me stessa, dovevo dire a me stessa: “Io esisto ancora”>>. Da qui l’invito ai famigliari che si prendono cura delle persone con demenze e che più in generale convivono con le malattie delle persone amate: <<Devono pensare anche a se stessi, devono uscire, andare a teatro, distrarsi. Le famiglie vanno accompagnate per far capire loro che devono venirne fuori. Perché questo aiuta noi stessi, ma anche i nostri cari e le nostre care>>.
Un invito a prendersi cura del proprio sé, dunque. Un impegno che Pasqualina cerca di portare avanti pure grazie al sostegno dei suoi due figli, <<che – sottolinea – sono per me una cosa grandissima e mi danno la carica ricordandomi ogni giorno di vivere anche per me stessa>>.
Fanno, inoltre, la loro parte le amicizie: <<Io e mio marito frequentiamo un gruppo di amici. Con loro usciamo a mangiare la pizza, ci incontriamo a turno nelle case, e anche Franco nel suo piccolo è partecipe>>, dice compiaciuta Pasqualina. Che considera i suoi rapporti amicali <<una fortuna>>, soprattutto nella società odierna. <<Una società – sostiene – che ama soprattutto le cose futili, che si allontana dalle malattie e non ne vuole sentire parlare. Pensano che non vedendo le malattie, si è immuni da esse. Mentre invece non è così>>.
E poi ci sono i momenti di benessere da vivere “qui e ora”. Momenti presto cancellati dalla demenza e da rinnovare di volta in volta, facendo leva sui ricordi del cuore, sulle passioni parte integrante della biografia di Francesco. Pasqualina allieta il suo Franco con la musica che lui ama, e c’è il ballo, <<ci abbracciamo e balliamo>> per come si può, ancora oggi, nonostante tutto, dice lei. <<In questo modo – sottolinea – riusciamo anche a ridere malgrado la malattia>>. Ride ancora, Pasqualina. Anche a fronte di una patologia che <<non si può perdonare>>. Perché – avverte – al di là della demenza <<c’è sempre l’uomo che amo, c’è sempre lui, Franco, “il mio ragazzo”>>.
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Francesco Ciampa, giornalista freelance, ufficio stampa “Ra.Gi.”
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