“Reagisce ma questo non vuol dire che Capisce”. Questa è la risposta che mi ha dato un camice bianco, mentre facevo vedere alla moglie di una persona con demenza fronto temporale precoce in stato avanzato, cosa poteva fare affinché suo marito potesse provare sulla sua pelle ancora delle sensazioni. E quindi non condannarlo al nulla sensoriale e affettivo. Non sto a sindacare la risposta perché su questo punto ci tornerò ma, quello che mi lascia l’amaro in bocca e che mi fa incavolare è che questa uscita poco felice sia stata detta difronte alla persona ammalata. Oltre ad essere rispettoso, gentile e comprensivo, ogni operatore sanitario dovrebbe anche “saper comunicare” essendo rispettoso della persona che si ha difronte anche se si ritiene erroneamente che quella persona sia un vegetale. E ODIO QUESTA PAROLA. Spesso basta poco. Ad esempio non dire tutte quelle cose seppur vere ma esprimere solo le cose che siano utili. Manifestare un pensiero che ferisce anime e corpi non ha alcun senso, non porta alcun giovamento ma solo tanta mortificazione. La prima regola quindi è parlare con verità, mentre la seconda è parlare con discrezione, saggezza, misura, senso di opportunità, riguardo, tatto. Gentilezza. Il medico è chiamato in causa- precisa Jung- “con tutto il suo essere”. Se egli si chiude nell’abito professionale come in una corazza e con molte difese psicologiche, il risultato è deleterio, non ha alcuna efficacia sul paziente.
PARLARE CON VERITÀ E CON GENTILE DISCREZIONE ALLE PERSONE CON DEMENZE.
14 Gennaio 2019
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Elena Sodano
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