La parola Alzheimer è divenuta oramai una bruttissima etichetta per dire che una persona ha perso la testa. Si dice “sei un demente” quando bisogna offendere una persona. Quando si dice “ha la demenza” è un po’ come dire ha un cancro ma, se questo cancro è la leucemia si dice “ha la leucemia”, “ha un linfoma”, “ha un sarcoma” e così via. La stessa cosa però nell’immaginario collettivo non succede per la demenza. Per l’opinione comune oggi dire demenza significa solo dire Alzheimer.
E’ vero, la malattia di Alzheimer rappresenta per il 50-70% la forma più frequente di demenza, il 10-12% riguarda le demenze vascolari, il 10-30% dei casi la demenza a Corpi di Lewy e la malattia di Pick mentre il 10, 20% è rappresentato da demenze potenzialmente reversibili.
Si parla di “demenze” e non di demenza perché si tratta di una sindrome quindi un insieme di disturbi che si manifestano contemporaneamente e non una sola malattia. Una differenza importante delle demenze è che si distinguono in demenze corticali e sottocorticali “la prima è di origine neuropatologica e consiste nell’addensamento maggiore delle lesioni degenerative intra ed extra-neuronali nelle strutture neo ed archipapillari (…). La seconda è di natura neuropsicologica e riguarda l’accentuazione dei difetti del linguaggio, delle aprassie, della percezione e della cognizione spaziale, in cui le strutture sono ancora ancorate alle strutture corticali dell’encefalo”. Le demenze si distinguono inoltre in irreversibili e reversibili. Le prime hanno una causa di origine sconosciuta, non ci sono delle cure risolutive e quindi possono essere trattate solo con alcune specifiche terapie che intervengono solo su alcuni aspetti specifici della malattia, mentre le demenze reversibili hanno una causa comune e spesso possono essere risolte.
Nel DSM IV leggiamo alla parola Demenza : “Disturbo delle funzioni intellettive acquisito e di natura organica, caratterizzato da compromissione della memoria a breve ed a lungo termine ed almeno
una delle attività mentali primarie, quali il pensiero astratto, la capacità critica, il linguaggio dell’orientamento topografico, in assenza di alterazioni della coscienza e con significativa interferenza nell’attività lavorativa e nelle relazioni interpersonali.