Catanzaro, 11 luglio 2019 – Testimonia la sua storia partendo dal ricordo di quella notte a cavallo tra il 2017 e il 2018: è la notte di Capodanno, quando i segni del cambiamento in suo marito diventano più forti che mai. <<Quella notte è stato come sentire lo scoppio di una bomba>>, uno scoppio di dolore e impotenza di quelli che frantumano l’esistenza. Maria Codispoti, sessantatré anni, è la moglie di Luigi, persona con demenza vascolare progressiva preso in cura dalla “Ra.Gi.” di Elena Sodano.
<<Già prima di quella notte – racconta la donna – vedevo mio marito strano, non faceva più le sue solite passeggiate, non andava più a dare una mano al suo amico, era diventato musone, pensavo fosse depresso>>. La depressione: un malessere di cui <<anche i medici si erano convinti>>, dice Maria pensando a quei <<dieci giorni in un reparto di psichiatria>> aspettando una diagnosi, quella esatta, arrivata per Luigi soltanto qualche mese dopo il suo ricovero. Mesi di attese, di sconforto, di visite specialistiche <<tutte a pagamento>>. Da quella notte del primo gennaio 2018, insomma, il buio più totale, <<un vero e proprio inferno>>. Fino a quando, dopo il (tardivo) arrivo della diagnosi, Maria incontra Elena Sodano e la “Ra.Gi.”.
<<Il geriatra e gli assistenti sociali – prosegue – mi dicevano che non ce la potevo fare da sola. Ho pianto tanto, provavo rabbia, anche perché in casa con noi c’è già un’altra persona disabile, mia madre. Avevo pensato di portare mio marito in una struttura, anche se credo che non riuscirò mai a farlo. Poi però ho incontrato Elena: all’inizio ero un po’ scettica, pensavo che nessuno ce la potesse fare. E invece, Elena, Amanda e tutto lo staff, nessuno escluso, hanno lavorato tantissimo e ringrazio il Signore per non aver ricoverato mio marito e di poterlo tenere ancora in casa con me>>.
L’esperienza con la “Ra.Gi.” si basa sul metodo Teci (Terapia espressiva corporea integrata): un metodo messo in piedi da Elena Sodano che si basa su molteplici discipline e attività per favorire il più possibile, attraverso il contatto corporeo e puntando alla dimensione affettivo-emozionale, il contenimento naturale delle demenze. <<Certo – dice Maria – mio marito continua ad avere le sue allucinazioni>>, ma con i farmaci su indicazione dello specialista <<che lo aiutano>> e l’approccio sociale, esistenziale ed emozionale della “Ra.Gi.” si punta a migliorare la qualità della vita e a favorire momenti di benessere. Dunque, se allo stato attuale della medicina non si può parlare di guarigione, si può però pensare ad attività “riabilitative” per valorizzare le capacità residue e rallentare la perdita delle funzioni conseguente alla progressione della malattia. <<Pian piano – afferma Maria – con il percorso fatto alla “Ra.Gi.” ho visto un cambiamento in mio marito: lo vedo più attivo, più partecipe, sono riuscita anche a portarlo a mangiare la pizza. Un bel traguardo che non mi sarei mai aspettata di vedere. Finalmente una luce in fondo al tunnel>>.
Una luce che però da sola non basta: <<Noi famigliari da soli non ce la possiamo fare>>, avverte. <<Le famiglie – spiega – avrebbero bisogno di un maggiore supporto economico. Io e mio marito siamo pensionati e l’indennità di accompagnamento non copre le spese per le cure: faccio l’esempio della mia famiglia, ma il discorso vale per tante altre famiglie come la mia>>.
Maria vive nella parte marina di Catanzaro: <<Sono “marinota”>>, sottolinea orgogliosa richiamando le sue origini. Ed è proprio pensando a questa parte di città affacciata sul mare che lancia una proposta: <<Sarebbe bello che per le persone con demenze le istituzioni facessero qualcosa come le colonie di una volta, come quelle che fanno parte dei miei ricordi di ragazza>>. Insomma: favorire momenti di svago <<e pensare alle cose che arrivano prima, non solo ai festival e ai centri commerciali>>, è il monito lanciato alla politica.
E che dire del progetto “Catanzaro centro storico comunità amica delle persone con le demenze” promosso dalla “Ra.Gi” e approvato dalla Federazione Alzheimer Italia con l’adesione del Comune di Catanzaro e di una rete di associazioni e scuole? “Una gran bella soddisfazione e sono ben felice che il centro storico abbia ottenuto questo riconoscimento”, commenta Maria a proposito di un’iniziativa pensata con l’obietto di promuovere in città processi di inclusione per le persone con Alzheimer, Parkinson o con altre patologie neurodegenerative: <<Un progetto – aggiunge – che potrà funzionare soltanto con l’intelligenza di tutti, delle istituzioni ma anche dei cittadini>>.
Rispetto, invece, al rapporto con il contesto di vita quotidiana, Maria esprime un desiderio, un bisogno: <<Vorrei sentire più vicinanza da parte della gente, vorrei che qualcuno si avvicinasse a mio marito e dicesse: “Dai Luigi, andiamo a fare una passeggiata!”; vorrei che le persone come lui non venissero guardate con meraviglia, con un modo che mi fa rabbia, perché si tratta di persone che hanno dignità più di tutti noi>>, si sfoga. “Inoltre – continua – c’è ancora molta ignoranza e c’è chi pensa che le demenze arrivano se ti è successo qualcosa di brutto come un forte stress o una forte paura. Servirebbe più umiltà e si dovrebbe capire – conclude – che nessuno è immune da queste malattie>>, sempre più diffuse e che riguardano mogli, mariti, figlie, figli, sorelle, fratelli. Una questione sociale da affrontare superando i muri dell’indifferenza.
Francesco Ciampa, giornalista freelance, ufficio stampa “Ra.Gi”
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