Catanzaro, 17 luglio 2019 – <<Negli ultimi trent’anni abbiamo abitato vicino alla chiesa del Santissimo Salvatore>>, in viale de Filippis, a Catanzaro, << e per dieci anni mia moglie si è occupata di catechismo: nel quartiere la conoscono tutti, e tutti sanno com’era disponibile>>. Aldo Fiore, settantatré anni, ex professore di Matematica, parla di sua moglie Anna usando quasi sempre il presente a fronte di una perdita che, spiega lui, si traduce <<nella sopravvivenza>> favorita dalla <<consolazione rappresentata dalle figlie e dai nipoti>>.
Anna Tassone, una laurea in Lettere classiche alla “Sapienza” di Roma, una vita a insegnare in diverse scuole di Catanzaro e provincia, <<impegnata in attività culturali>> insieme a suo marito, era una delle persone prese in cura dall’associazione “Ra.Gi.”. Anche lei con una patologia neurodegenerativa, nel suo caso l’Alzheimer, che ne ha compromesso l’ultima parte della vita, fino all’età di settantadue anni. Accanto ad Anna sempre lui: il suo Aldo, conosciuto negli anni in cui entrambi erano studenti universitari, quando lui prendeva il traghetto da Messina, dove frequentava la facoltà di Matematica, per dirigersi verso la Capitale e incontrare la giovane laureanda che presto sarebbe diventata sua moglie.
Negli anni della malattia, Aldo si prende cura di Anna tenendola con lui nella loro casa: “Non me la sentivo di ricoverarla in una struttura – racconta l’uomo -, e se lo avessi fatto ci sarei andato anch’io, sarei andato a dormire lì vicino a lei”. Aldo vive la quotidianità della malattia di sua moglie occupandosene quasi a tempo pieno. <<Le mie figlie, che vivono a Roma per necessità di lavoro, mi dicevano che non ce la potevo fare da solo>> e così una mano d’aiuto arriva <<da una signora per le pulizie di casa>>. In più scatta la decisione di rivolgersi al centro diurno della “Ra.Gi.” con sede a Catanzaro; un centro <<che – dice Fiore – mi ha dato momenti di sollievo soprattutto dal punto di vista pratico, perché quando mia moglie era lì io avevo due o tre giorni a settimana per andare a fare la spesa e provvedere alle incombenze burocratiche che non mancano mai>>. Soprattutto, <<mia moglie, quando si trattava di alzarsi presto per andare alla “Ra.Gi.”, lo faceva con piacere. Centri come questo si dovrebbero incentivare, dovrebbero avere l’aiuto delle istituzioni>>.
Il supporto del centro diurno, la forza consolatoria di figlie e nipoti, le attività sportive praticate da sempre, anche durante gli anni della malattia di Anna: Aldo descrive i vari aspetti di vita che lo hanno aiutato a placare <<la solitudine sentita>> durante il percorso esistenziale segnato dall’Alzheimer della sua compagna.
Oggi quest’uomo prosegue la sua corsa nel segno di ciò che definisce <<sopravvivenza>>, recuperando anche le amicizie dei tempi del liceo e frequentando i parenti, con cui trascorre le giornate estive nei luoghi del mare a lui cari. Inoltre – sottolinea -, <<mi aiuta il dare una mano agli altri>>: il pensiero va, ad esempio, a un amico che ha bisogno di una badante per sua moglie. Impresa <<non facile>>, sostiene Aldo: <<Non c’è un albo comunale per trovare una badante professionista e si va avanti ancora con i passaparola nonostante questo sia un problema sociale molto frequente e diffuso>>.
Va avanti nonostante tutto, Aldo Fiore, il professor Fiore, come in tanti lo conoscono a Catanzaro, dove per tanti anni è stato vicepreside vicario al liceo scientifico “Siciliani” di via Alessandro Turco. Nel raccontare la sua storia cita gli impegni burocratici legati alla morte di sua moglie e descrive l’amarezza per <<una sanità che dovrebbe essere più umana>>: un giudizio, quello dell’uomo, condizionato dall’esperienza legata all’ultimo ricovero di Anna, <<che il giorno prima è stata giudicata non ospedalizzabile, mentre il giorno dopo è stata operata d’urgenza>> per come avevano sperato sin da subito i suoi famigliari.
I fasci di luce nei giorni della sua nuova stagione di vita arrivano anche dai ricordi. Il ricordo più bello donato da Anna nella fase della malattia, Aldo lo indica senza pensarci un attimo: <<La cosa più bella che ricordo è l’affettuosità che nei momenti di lucidità mia moglie ha sempre mostrato nei miei confronti. Mi diceva sempre “grazie”. La cosa più bella è la sua delicatezza e il suo senso di gratitudine nonostante la malattia. Tutto questo mi ripagava e confermava la mia idea di non dovermi separare da lei e di dover restare insieme a lei fino alla fine>>.
Francesco Ciampa, giornalista freelance, ufficio stampa “Ra.Gi.”
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