CHI LO DICE CHE NON E’ POSSIBILE COMUNICARE CON LE PERSONE IN-DEMENTITE?
Persone che Co-Esistono con le Demenze? Persone che al di là di quello che la medicina ci vuol far credere, se solo non si Spengnessero e non si Sedassero, hanno una biblioteca Esperenziale ed Esistenziale che non aspetta altro che essere De-Codificata dal mondo?
Che cos’è una cosa? Una cosa è uno stato senza vita, non possiede coscienza e conoscenza, memoria, intenzione, anima. Una cosa ignora tutto ciò che avviene in sé e intorno a sé. Una cosa rappresenta il nulla. “Non capisce ciò che gli dico”; “Non sa più prendere decisioni”; “È diventato pigro e impacciato”; “Sbaglia tutto. Non sa fare più niente e se lo correggo diventa aggressivo”. “Non si fa più capire quando parla”. “È diventata una COSA impossibile da reggere”. Sono queste le frasi che, di solito, dicono i familiari, trovandosi di fronte a una persona che, con il progredire della malattia, diventa una sconosciuta dagli atteggiamenti insoliti, spesso impossibili da accettare e gestire. Ed è proprio in questi momenti che occorre promuovere un diverso scambio relazionale e comunicativo, mettendo da parte le regole della comunicazione secondo le quali il ricevente accoglie il messaggio, lo decodifica, lo interpreta e lo comprende. Seguendo le strade della ragione, nelle demenze, non si arriva da nessuna parte: tutto diventa istintivo e senza briglie, il pensiero percorre una strada contraria a ogni logica.
Molto spesso queste persone urlano perché la loro voce, seppur stridula e fastidiosa, rappresenta l’unico mezzo che hanno a disposizione per andare oltre il loro corpo e tentare di raggiungere “l’altro”, quel chiunque altro che si trova davanti e che diviene sconosciuto, nemico, un pericolo da cui scappare; si agitano, mettendo in scena numerose gestualità a volte dure, feroci, brutali, utilizzate per squarciare quella costretta quiete nella quale il mondo li ha rintanati. Gesti che comunicano e che esprimono l’inesprimibile, grida che tentano di rompere un equilibrio sociale, spesso imposto forzatamente dall’alto, ma che, per loro, rappresenta una “non più vita”. E se il paziente non riesce a registrare più nulla, nel suo cervello in via di atrofizzazione, è però capace di marcare sulla propria pelle ogni torto subito, prepotenza, delusione che lo rendono sempre più chiuso in se stesso, imbavagliato nella sua inspiegabile condizione. Purtroppo un malato di demenze non conosce il motivo per cui tutto sta cambiando intorno a lui.
Ma è davvero così difficile entrare in relazione con queste persone? Non lo è affatto, a patto che la relazione che si instaura tra terapeuta, familiare e paziente abbia una forte struttura emozionale. L’emozione è la nostra prima reazione allo spettacolo del mondo.
Nell’esperienza TECI il linguaggio del silenzio e quello del corpo sono uniti in un dialogo emozionale capace di tessere fila che riescono ad arrivare fino alla profondità dello spirito, lì dove le parole, spesso inutili, sterili e infastidenti, non servono più a nulla. Tutto avviene attraverso l’elaborazione di simboli e metafore che, modificando progressivamente i modi di comunicazione che lasciano spazio allo scambio emozionale tra terapeuta e paziente, riescono a riempire di senso significativo ciò che, a volte, non ha alcuna comprensione”
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