Il nostro Cafè Alzheimer, oggi Dementia Café è nato a Catanzaro nel 2011. Ed è stato il primo Café Alzheimer della Calabria. Non siamo un’associazione di volontariato ma professionisti che da anni si spendono nel trovare una possibilità di vita alternativa per le persone con Demenze. Gestiamo due Centri Diurni regolarmente autorizzati al funzionamento. Abbiamo creato a Cicala il primo Borgo Accogliente per le persone con Demenze e a Catanzaro il primo centro storico a misura di demenza. Nel 2017 è stato pubblicato il libro “Il Corpo nella Demenza” la base della Terapia Espressiva Corporea Integrata conosciuta in tutta Italia come TECI grazie alla quale formiamo operatori che hanno voglia di entrare in punta di piedi nell’anima di queste persone.
Abbiamo dato vita, con tante famiglie calabresi un grande gruppo WhatsApp. Un unico corpo semivirtuale nato dalla comune sofferenza legata alla malattia della DEMENZA, nel quale attraverso delle riflessioni, ci si conforta, ci si incontra, si condivide ogni cosa.
Ho deciso così, per quanto possibile e tutelando la privacy di postare quelle che sono le varie riflessioni. Semini che senza alcuna pretesa, potrebbero però far riflettere.
“Cosa proponiamo per iniziare una nuova e autentica relazione con la persona con una demenza? Innanzitutto la possibilità che questa persona abbia un’autentica relazione con noi. E questo sarà possibile solo se la smettiamo di esercitare su questa Persona qualunque forma di “potere”. Che sia #potere familiare, decisionale, carismatico, istituzionale, coercitico, manipolativo. E nel peggiore dei casi Potere Puro. Qualunque tipo di potere stabilisce inevitabilmente una distanza relazionale su chi viene esercitato. E non ci dobbiamo lamentare se all’improvviso i nostri familiari diventano aggressivi con noi. Pensiamo solo a quante volte siamo noi a decidere per loro solo perché il loro modo di essere diventati cozza con il nostro tranquillo vivere quotidiano. Quante cose decidiamo per loro. Tante, tantissime. A volte decidiamo anche il loro svago senza chiederci se per loro quella passeggiata a piedi o in macchina rappresenti realmente uno svago.
Li priviamo anche della gioia di stare tra persone che per loro rappresentano punti di riferimento essenziali e principalmente terapeutici. Li proviamo della loro libertà terapeutica. “Sto uscendo pazzo perché mia/mio… non mi dà tregua”. Forse occorre chiedersi quanta libertà abbiamo castrato a questa persona iniziando così quel processo di “cosificazione” che li condurrà piano piano a diventare un pezzo dell’arredamento di una qualunque o migliore “casa di cura” anticamere della loro fine vita”. Elena Sodano
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