Le persone con una demenza sono degli ottimi scrutatori di anime vere e questa loro sensibilità non viene meno nemmeno di fronte alla più profonda devastazione cerebrale. Non amano i sorrisi finti, le voci stridule, le false smancerie, non amano essere trattati come bambini. Anzi queste cose li fanno rinchiudere ancora di più nella loro profondità.
Percepiscono di dare fastidio perché si sentono incapaci, sono molto in colpa e arrabbiati con sé stessi, umiliati dalle frasi offensive spesso pronunciate da familiari e caregiver magari stanchi e impotenti di fronte a comportamenti incomprensibili.
PENSATE: “Me lo fa apposta, me la vuole fare pagare, non gli vado a genio, mi vuole sfinire con i suoi capricci” sono le frasi che spesso dicono i familiari.
PENSANO “È cattiva, io non sto facendo niente perché mi tratta come se fossi un bambino?”. E cosi diventano piano piano persone molto insicure.
PENSATE: “Non ce la faccio più”,
PENSANO: “È più forte di me, voglio diventare piccolo e invisibile”. E così i nostri dementi diventano, giorno dopo giorno infantilizzati dai familiari o dalle badanti che, non riconoscendogli più alcuna possibilità comunicativa e di comprensione, alcuna autonomia, li trattano come bambini bisognosi di cure spesso paralizzanti che non lasciano alla persona alcuna autonomia decisionale.
PENSATE “È come un neonato, è un bambino capriccioso, è impacciato può cadere” .
PENSANO: “Non mi lasciano fare nulla, non mi accontentano in niente, non mi lasciano libero”. Ed è per tali ragioni che la maggior parte hanno un atteggiamento apatico, senza voglia di fare niente, sono annoiati, stanchi, seccati
PENSATE “Rompe tutto, è pericoloso per sé stesso e per chi gli sta intorno è meglio tenerlo buono con i farmaci”
PENSANO “Sono un inutile fantoccio, un burattino” che vivo a fare?
Elena Sodano
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