In alcuni commenti mi viene chiesto come sia riuscita a realizzare un movimento di pensiero e di cura intorno alle persone con demenza.
Altre persone vorrebbero capire come poter replicare tale modello.
Rispondo così.
Chi ha cura cercando di fare ciò che fa bene per l’altro, non ha nessuna teoria generale da imporre, non ha nessuna visione universale del bene, nessuna dottrina.
Non si preoccupa di costruire argomentazioni astratte che producano teorie geometricamente definite.
Quello che conta è stare in ascolto dell’altro e in ascolto di se, chiedendosi continuamente “Cosa e bene” e “Come fare ciò che è giusto”.
È trasformare questo fare in azione.
Cercando in ogni precisa situazione di fare il meglio che e consentito dalle possibilità e dai vincoli del reale. Non ci sono regole da applicare o imperativi categorici che comandano il fare della ragione.
L’unica cosa è difendere la qualità della situazione reale dell’altro, la necessita di bene che avverto nel suo sguardo, nel suo singolare bisogno e sul suo proprio desiderio. Perchè la vita delle persone con demenza non è un sistema. Ha necessita di attenzione e di dedizione in quel preciso istante e per quel preciso sguardo.
È, orientarsi verso l’attenzione dell’altro e obbedire ai bisogni inespressi, è un esercizio d’amore che può essere replicato ovunque.
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