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Alzheimer, storia di una caregiver: “Bisogna avere fiducia negli altri”

FONTE: Redattore Sociale

Da Catanzaro la testimonianza di Anna: una vita stravolta dalla malattia del marito, la solitudine e un nuovo percorso di resilienza grazie ad un centro diurno. “Ci preparano ai vari stadi della malattia e all’abbandono, ma serve un maggiore sostegno delle istituzioni”

24 settembre 2018

CATANZARO – “Non conoscevo l’Alzheimer: è una malattia devastante anche per le famiglie, e lo è per me che non riconosco più l’uomo colto, divertente, amante del ballo, dei viaggi e dello sport che ho conosciuto quando ero appena quattordicenne”. Anna, sessantotto anni, racconta tra passato e presente, tra ricordi e vita quotidiana, cosa significa prendersi cura, essere caregiver, di suo marito, il compagno di una vita.

In questa storia ambientata in Calabria, a Catanzaro, Anna parte dai suoi quattordici anni, quando si fidanza con Elio, dieci anni più grande: “Ero una ragazzina, e mia madre e le mie zie mi tenevano sotto la loro ala protettiva. Lui ogni tanto mi lasciava per le sue avventure, perché mi voleva “rispettare”, ma poi tornava sempre da me”. Insomma: un amore d’altri tempi, fatto di attese e di pazienza spesso declinata al femminile.  Poi il matrimonio, e Anna rimane fedele a se stessa, presente come sempre: “Mio marito amava il calcio, le maratone, la pesca subacquea, faceva di tutto e di più. E io lo seguivo, facevo il tifo per lui, ero sempre con lui. Mi occupavo io degli impegni quotidiani e l’ho sempre supportato, anche quando aveva perso il lavoro prima di entrare in Regione”.  Una vita nel segno della devozione, si potrebbe dire. Anche se per Anna, oggi in pensione, in quegli anni c’è pure tempo per il suo lavoro in banca, per recitare con alcune compagnie teatrali catanzaresi, ci sono gli spazi tutti suoi ritagliati tra una faccenda familiare e l’altra.

A un certo punto salta l’equilibrio di un’esistenza scandita tra famiglia, lavoro e interessi personali. Anna va avanti nel racconto a tratti commossa, mostrando con orgoglio le foto di un vascello e di un crocifisso realizzati con delle conchiglie per mano di Elio prima che si ammalasse. Si arriva così al 2013, l’anno in cui emergono le prime avvisaglie del morbo e tutto comincia a cambiare. I primi sospetti “quando non trovava più le chiavi di casa e anziché cercarle mi telefonava agitato mentre ero al lavoro”. Inoltre “più di una volta non ricordava la strada che portava al mare”. Poi quella visita dal geriatra quando “mio marito, che era geometra, faceva persino difficoltà a disegnare un cerchio”. Dunque il chiaro segno di qualcosa di diverso che poco dopo avrebbe avuto un nome: “Alzheimer”. Una malattia considerata la più comune causa di demenze, che solo in Italia colpiscono 1,2 milioni di persone.

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