Si è svolta ieri, presso i locali del Centro Diurno gestito dalla Ra.Gi. Onlus, la seconda giornata formativa dell’evento dal titolo “Corpo, mente, cervello, emozioni: la relazione oltre i falsi miti della demenza”, che si è aperto il 14 ottobre scorso con la presentazione del volume “Il Corpo nella demenza”, scritto da Elena Sodano ed edito da Maggioli Sanità.
L’iniziativa si chiuderà oggi, con lo svolgimento del laboratorio dal titolo “Il corpo al centro della cura nelle demenze”, durante il quale gli operatori del settore socio sanitario che hanno scelto di partecipare, potranno conoscere sulla propria pelle gli effetti della metodologia Teci, unica in Italia per la cura ed il contenimento naturale delle demenze.
Promuovere la conoscenza del metodo Teci, ideato da Elena Sodano e descritto nel volume “Il Corpo nella demenza” è uno degli obiettivi dell’evento, che mira anche a fornire informazioni corrette e non superficiali sul trattamento delle demenze e a far comprendere a chi tutti i giorni ha a che fare con la cura di queste malattie, che esse, nonostante tutto, non rappresentano il male assoluto, ma un tempo di vita che dev’essere vissuto e non subito, amato e non odiato, accettato e non sedato.
Gli interventi degli illustri ospiti intervenuti nella giornata di formazione sono stati introdotti da Elena Sodano, Presidente dell’Associazione Ra.Gi. Onlus, responsabile del Centro Diurno Spazio Al.pa.de. presso il quale viene utilizzata la metodologia Teci.
Ad aprire i lavori il dottor Emilio Le Piane, che ha descritto i rapporti tra la malattia di Alzheimer e l’epilessia, una patologia che affligge di frequente i pazienti malati di Alzheimer, ma che genera confusione negli esperti e nei care giver, i quali spesso non sanno come intervenire. La relazione del dottor Le Piane ha fornito importanti regole di gestione non farmacologica delle crisi epilettiche.
A seguire, la dottoressa Alba Malara, geriatra e presidente della Sigg Calabria, ha proposto una visione inusuale della demenza, mettendo in luce il concetto della “dimensione dell’anima”. Un concetto che le riflessioni di filosofi e scienziati attraverso i secoli hanno separato da quelli di spazio e tempo, principi questi ultimi che, per il malato di Alzheimer non esistono, in quanto egli vive solo nel presente. La dottoressa Malara ha stimolato una riflessione su quanto la memoria incida sull’essenza di un individuo. “Può quest’ultima risiedere solo nei ricordi? Oppure è possibile concepire anche una dimensione da vivere in un presente senza tempo? Ecco, proprio quest’ultima è la dimensione dell’anima ed è la percezione del malato di Alzheimer. Egli vive qui ed ora e per relazionarsi con lui occorre staccarsi dai parametri oggettivi di tempo e spazio. Qualcosa che avviene quotidianamente nello Spazio Al.pa.de., dove la demenza viene concepita come una via percorribile, che ci permette di scoprire parti nascoste delle persone”.
Il dottor Francesco Talarico, del presidio “De Lellis” ha parlato di “Inquadramento funzionale nel vissuto della persona con demenza”, mentre dopo di lui, la dottoressa Amalia Talarico, presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali della Calabria, ha relazionato sul tema delle famiglie e delle loro esigenze in un sistema che ancora non è in grado di fornire risposte esaustive nel tema delle demenze.
La Talarico ha evidenziato come “il mondo delle demenze sia un sistema complesso che coinvolge inevitabilmente anche le famiglie e i care giver verso i quali ci vuole più attenzione da parte del sistema socio-sanitario”.
Il dottor Pietro Gareri, direttore del Centro di disordini cognitivi e demenze dell’Asp di Catanzaro, ha parlato dello studio PhaeE, mediante il quale è stata evidenziata la problematica legata all’uso inappropriato di farmaci nei pazienti con demenza. Questi pazienti assumono spesso diversi farmaci, ma occorre fare attenzione perché in alcuni casi l’accostamento di determinate tipologie di medicine può produrre effetti devastanti. “Il ricorso ai farmaci non può essere l’unico strumento di cura delle demenze – ha sottolineato il dottor Gareri – anche i trattamenti non farmacologici possono fornire importanti risultati”.
Nel corso dei lavori, è stato anche evidenziato come i medici di base si trovino ad operare senza adeguati strumenti di diagnosi. Un problema che è stato evidenziato dal dottor Francesco Corasaniti, il quale ha sottolineato che “mancano le linee guida e spesso è difficile distinguere i sintomi dell’invecchiamento normale da quelli dell’insorgere della demenza”.
La sessione pomeridiana del convegno è stata aperta dal professor Carlo Fanelli, docente di discipline dello spettacolo Dams presso l’Ateneo rendese il quale ha relazionato sulla funzione dell’arte e del teatro in particolare come portavoce delle istanze legate al mondo complesso delle demenze. Un universo fatto di sofferenza e di sentimenti devastanti, a cui il linguaggio artistico riesce a dar voce.
Il dottor Roberto La Cava, responsabile del Centro Uva di Catanzaro, ha partecipato al convegno con una relazione che ha evidenziato gli effetti benefici del plasma marino nei pazienti affetti da demenza. Una sperimentazione da lui condotta ha dimostrato come la somministrazione di questa sostanza, composta per il 99% degli stessi elementi che compongono le nostre cellule, possa migliorare le funzioni cognitive dei malati di demenza.
La giornata di formazione si è conclusa con due interventi che sono entrati nel vivo degli aspetti del metodo Teci. La psicologa e psicoterapeuta Carla Putrino, hanno relazionato sui risultati della sperimentazione scientifica del metodo, svolta all’interno del Centro Diurno, grazie ad un protocollo firmato con la Sigg Calabria. Lo studio ha dimostrato come il metodo abbia avuto effetti positivi sulla qualità di vita dei pazienti, migliorando tra l’altro il loro stato emotivo e favorendo la scomparsa dei cosiddetti comportamenti problematici.
Per finire, Elena Sodano, ha svolto un intervento che ha fatto da preludio al laboratorio pratico di domani, focalizzandosi sulle caratteristiche principali del metodo Teci. Innanzitutto ha parlato del vissuto del paziente e del bagaglio di esperienze ed abitudini contenute nel suo corpo, qualcosa che nessuna devastazione cerebrale può cancellare. In quest’ottica, il corpo diviene un potente strumento di comunicazione che, se ascoltato, può condurre alla creazione di nuovi ponti di comprensione, mediante i quali si può “raggiungere” il paziente.
Il metodo Teci favorisce la creazione di una relazione che implica l’abbattimento di ogni sovrastruttura per giungere alla comprensione profonda dell’altro in una dimensione d’incontro. Tutto questo verrà sperimentato domani dai numerosi operatori del campo socio-sanitario provenienti da tutta la regione che hanno deciso di conoscere da vicino il metodo. Il laboratorio sarà condotto da Elena Sodano.
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